Pino Zimba - Tamburellista del Salento Pino Zimba - Tamburellista del Salento
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SANGUE VIVO • Pulp Fiction alla pugliese •

Locandina Sangue VivoAmbientato nel Salento, parlato in dialetto e sottotitolato in italiano, arriva Sangue Vivo. Con un tocco stile Quentin Tarantino il regista Edoardo Winspeare e la sceneggiatrice Giorgia Cecere hanno messo in piedi un mix neorealista di musica e atmosfere mediterranee. Fra tarantolati, clandestini albanesi, brava gente, modernità e tradizione.

A fine giugno in provincia di Lecce, a Galatina c'è la cosiddetta processione dei tarantolati, ovvero coloro che sono posseduti da un qualcosa che li costringe a muoversi senza mai fermarsi. Un rito di passaggio, di difficile interpretazione antropologica a metà tra il pagano e il taumaturgico, in cui fede e superstizione si fronteggiano in maniera dinamica e arcigna.

Scena Sangue VivoSangue Vivo ambientato nella stessa regione e precisamente nel Salento, con i dialoghi in pugliese e sottotitolato in italiano nascedallo stesso genius loci con una Puglia diventata terra di confine e al tempo stesso una delle poche regioni dÕItalia dove è possibile il confronto con una certa alterità spesso dimenticata. Sul tenue confine tra immigrazione e contrabbando, tra mafiosi albanesi e fetentoni in doppio petto locali, tra brava gente e persone che cercano un'altra vita, tra la musica da discoteca e le canzoni tradizionali, tra quanto c'è di arcaico e ultramoderno nasce Sangue Vivo uno dei migliori film italiani degli ultimi dieci anni, che diventa una sorta di Pulp Fiction neorealista in cui la musica e la sceneggiatura interagiscono in maniera esplosiva. La 'pizzicata' una variazione ancestrale e saracena della tarantella regala ritmi struggenti e momenti di vera commozione nel seguire le gesta di Pino Zimba, uomo tutto d'un pezzo, incorruttibile, costretto a venire a patti con se stesso dal dovere affrontare la difficile situazione della sua famiglia. Artista, soldato senza esercito, donnaiolo, Zimba è una figura guascona e militaresca, un incontro felice tra Cyrano de Bergerac e l'onesto Fabio Massimo de Il gladiatore. I suoi nemici e i suoi amici però sono tutti personaggi molto normali, figli dell'umanità di oggi del nostro Duemila perduto tra arcaiche contaminazioni e imprevedibili modernità.Foto di scena del film Sangue Vivo

Sangue Vivo pellicola senza tempo capace di commuoverci come un dramma antico e di interessarci come una commedia sensuale tra cronaca nera e speranza ci colpisce per la sua profonda perfezione narrativa in una partitura musicale che diventa sceneggiatura per tornare ad essere ancora sintonia e armonia.

"Il dio" - si legge in una tragedia di Euripide "ispirò in loro una leggera demenza." E così dementi e al tempo stesso attenti, i personaggi di Sangue Vivo si muovono sullo sfondo di un'umanità disastrata e di un background sociale quantomeno problematico, per comportarsi quasi da figure archetipiche, figli di una tragedia che spesso - per colpa della droga, dei soldi e della facile corruzione - non diventa altro che una squallida farsa.

Così tra motoscafi, tribunali e canti dalle sonorità antiche, Pino Zimba, suo fratello, la madre, la moglie e perfino i figli combattono quella lotta quotidiana fatta di 'roba', di 'pane', di 'fatica' e di 'femmine' come nei libri del realismo letterario di fine ottocento.

Un film più mediterraneo che meridionale. L'accezione pseudo negativa che questo termine ha sublimato negli ultimi anni, lascia intendere qualcosa di difficile da comprendere senza essersi lasciati stordire e ispirare una leggera demenza dal ritmo martellante della pizzicata e dai suoi canti millenari. Se il cinema indipendente può operare dei miracoli, Sangue Vivo è decisamente uno di questi.

SANGUE VIVO

Il film scorre ad un ritmo ossessivo, quello stesso ritmo utilizzato da tempo immemorabile dagli abitanti della regione di Salento (il "tacco dell'Italia", una piccola regione dell'estremo Sud-Est) quando suonano i loro tamburini. Lo fanno per calmare le forze oscure e foriere di dolore che scorrono nel sangue di alcune persone della regione, per dar loro suoni, voci e passi di danza, per che facciano meno male. Il dolore non scompare, ma fintanto che la musica continua, sembra possibile a queste persone perdonare la vita. Laddove gli schiavi americani avevano il blues per esprimere il loro dolore, laddove i giovani neri dei ghetti urbani narrano, con l'aiuto del rap, la povertà e l'ira, i Salentini, da tempo immemorabile, esprimono i loro sentimenti e le loro passioni suonando il tamburello e ballando il "pizzica", finché non vanno in trance. Lo scopo non è solamente espressivo, ma anche comunicativo. È un ballo di corteggiamento.


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